III edizione del MESSALE (2020)

PRESENTAZIONE

N.3 L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebra­ti solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo.

N. 8 Poiché la liturgia è tutta permeata dalla parola di Dio, bisogna che qualsiasi altra parola sia in armonia con essa, in primo luogo l’omelia, ma anche i canti e le monizioni; che nessun’altra lettura venga a sostituire la parola biblica, e che le parole degli uomini siano al servizio della parola di Dio, senza oscurarla.

N. 9 I diversi linguaggi che sostengono l’arte del celebrare non costituiscono dunque un’aggiunta ornamentale estrinseca, in vista di una maggiore solennità, ma appartengono alla forma sacramentale propria del mistero eucaristico.

 

Ordinamento Generale Messale Romano

N. 16 La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa, infatti, si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre…

Tutte le altre azioni sacre e ogni attività della vita cristiana sono in stretta relazione con la Messa, da essa derivano e ad essa sono ordinate.

OGMR

N. 17

È perciò di somma importanza che la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo tale che i sacri ministri e i fedeli, partecipandovi ciascuno secondo il proprio ordine e grado, traggano abbondanza di quei frutti,

N. 18

Si potrà ottenere davvero questo risultato, se, tenuto conto della natura e delle altre caratteristiche di ogni assemblea liturgica, tutta la celebrazione verrà ordinata in modo tale da portare i fedeli a una partecipazione consapevole, attiva e piena, esteriore e interiore

N. 24

Tuttavia, il sacerdote ricordi di essere il servitore della sacra Liturgia e che nella celebrazione della Messa a lui non è consentito aggiungere, togliere o mutare nulla a proprio piacimento.

N. 34

Poiché la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere «comunitario», grande rilievo assumono i dialoghi tra il sacerdote e i fedeli riuniti e le acclamazioni. Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono e realizzano la comunione tra il sacerdote e il popolo.

N. 35

Le acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni, costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono porre in atto in ogni forma di Messa, per esprimere e ravvivare l’azione di tutta la comunità.

N. 36

Altre parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all’intera assemblea convocata; sono soprattutto l’atto penitenziale, la professione di fede, la preghiera universale (detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del Signore (cioè il Padre nostro).

N. 37

  • Infine, tra le altre formule:
  • a) alcune costituiscono un rito o un atto a sé stante, come l’inno Gloria, il salmo responsoriale, l’Alleluia e il versetto prima del Vangelo (canto al Vangelo), il Santo, l’acclamazione dell’anamnesi e il canto dopo la Comunione;
  • b) altre, invece, accompagnano qualche rito, come i canti d’ingresso, di offertorio, quelli che accompagnano la frazione del pane (Agnello di Dio) e la Comunione.

N. 38

  • Nei testi che devono essere pronunziati a voce alta e chiara dal sacerdote, dal diacono, dal lettore o da tutti, la voce deve corrispondere al genere del testo, secondo che si tratti di una lettura, di un’orazione, di una monizione, di un’acclamazione, di un canto; deve anche corrispondere alla forma di celebrazione e alla solennità della riunione liturgica.
  • Inoltre si tenga conto delle caratteristiche delle diverse lingue e della cultura specifica di ogni popolo.

N. 40

  • Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica.
  • Anche se non è sempre necessario, per esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto, si deve comunque fare in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni domenicali e nelle feste di precetto.

Nella scelta delle parti destinate al canto, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote, dal diacono o dal lettore con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme.

N. 45 Il silenzio

Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica.

Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia, nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione.

N. 47 Introito

  • Quando il popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con il diacono e i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.

Funzione

  • Dare inizio
  • Favorire l’unione fedeli
  • Introdurre nello spirito della festa
  • Accompagnare la processione

Chi Canta

Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola.

N. 52 Kyrie eleison e N. 53 Gloria

Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie, eléison, a meno che non sia già stato detto du­rante l’atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua mise­ricordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternan­za tra il popolo e la schola o un cantore.

Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello. Il testo di questo inno non può essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o, secondo l’opportuni­tà, dal cantore o dalla schola, ma viene cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo alternativamen­te con la schola, oppure dalla stessa schola.

N. 56 Il silenzio

 

La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve asso­lutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento.

In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera.

Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la secon­da lettura, e terminata l’omelia.

N. 61 Il salmo responsariale

 

Conviene che il salmo responsoriale si esegua con il canto, almeno per quanto riguarda la risposta del popolo.

Il salmista, quindi, o cantore del salmo can­ta o recita i versetti del salmo all’ambone o in altro luogo adatto; tutta l’assemblea ascolta restando se­duta, e partecipa di solito con il ritornello, a meno che il salmo non sia cantato o recitato per intero senza ritornello.

N. 62 L’acclamazione prima della lettura
del Vangelo

  • Dopo la lettura che precede immediatamente il Vangelo, si canta l’Alleluia o un altro canto stabilito dalle rubriche, come richiede il Tempo liturgico.
  • Tale acclamazione costituisce un rito o atto a sé stan­te, con il quale l’assemblea dei fedeli accoglie e saluta il Signore che sta per parlare nel Vangelo e con il can­to manifesta la propria fede.
  • Viene cantato da tutti stando in piedi, sotto la guida della schola o del canto­re, e se il caso lo richiede, si ripete; il versetto invece viene cantato dalla schola o dal cantore.

N. 68 Il simbolo

Il Simbolo deve essere cantato o recitato dal sacerdote insieme con il popolo nelle domeniche e nelle solennità; si può dire anche in particolari cele­brazioni più solenni.

Se si proclama in canto, viene intonato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal cantore o dalla schola; ma viene cantato da tutti insieme o dal popolo alter­nativamente con la schola.

Se non si canta, viene recitato da tutti insieme o a cori alterni.

N. 74 Il Canto all'Offertorio

  • accompagna la processione con la quale si portano i doni; esso si pro­trae almeno fino a quando i doni sono stati deposti sull’altare. Le norme che regolano questo canto sono le stesse previste per il canto d’ingresso (cf. n. 48)
  • È sempre possibile accompagnare con il canto i riti Offertoriali, anche se non si svolge la processione con i doni.

N. 79 La Preghiera Eucaristica

  • b) L’acclamazione: tutta l’assemblea, unendosi alle creature celesti, canta il Santo. Questa acclamazione, che fa parte della Preghiera Eucaristica, è proclamata da tutto il popolo con il sacerdote.

N. 81 Preghiera del Signore

  • L’invito, la Preghiera del Signore, l’embolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclude l’emboli­smo, si cantano o si dicono ad alta voce.

N. 83 Frazione del pane

  • ……Il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell’o­stia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso.
  • Abitual­mente l’invocazione Agnello di Dio viene cantata dalla schola o dal cantore, con la risposta del popolo, oppure la si dice almeno ad alta voce.
  • L’invocazione accompagna la frazione del pane, perciò la si può ri­petere tanto quanto è necessario fino alla conclusio­ne del rito.
  • L’ultima invocazione termina con le paro­le dona a noi la pace.

N. 86 Comunione

Mentre il sacerdote assume il Sacramento,  si inizia il canto di comunione:

  • con esso si esprime, mediante l’accordo delle voci, l’unione spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della processione di coloro che si ac­costano a ricevere l’Eucaristia.
  • Il canto si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli.
  • Se però è previsto che dopo la comunione si esegua un inno,

        il canto di comunione s’interrompa al mo­mento opportuno.

  • Si faccia in modo che anche i cantori possano riceve­re agevolmente la comunione

Capitolo III ''Uffici e ministeri nella Messa''

  • 102. È compito del salmista proclamare il salmo o un altro canto biblico che si trova tra le letture. Per adempiere convenientemente il suo ufficio, è neces­sario che il salmista possegga l’arte del salmodiare e abbia una buona pronuncia e una buona dizione.
  • 103. Tra i fedeli esercita un proprio ufficio liturgico la schola cantorum o coro, il cui compito è quello di esegui­re a dovere le parti che le sono proprie, secondo i vari generi di canto, e promuovere la partecipazione attiva dei fedeli nel canto. Quello che si dice della schola can­torum, con gli opportuni adattamenti, vale anche per gli altri musicisti, specialmente per l’organista.
  • 104. È opportuno che vi sia un cantore o maestro di coro per dirigere e sostenere il canto del popolo. Anzi, mancando la schola, è compito del cantore gui­dare i diversi canti, facendo partecipare il popolo per la parte che gli spetta.

Capitolo VI ''Disposizione e arredamento delle chiese per la celebrazione dell’Eucaristia''

  • 312. La schola cantorum, tenuto conto della disposi­zione di ogni chiesa, sia collocata in modo da mettere chiaramente in risalto la sua natura: che essa cioè è parte della comunità dei fedeli e svolge un suo parti­colare ufficio; sia agevolato perciò il compimento del suo ministero liturgico e sia facilitata a ciascuno dei membri della schola la partecipazione sacramentale piena alla Messa.
  • 313. L’organo e gli altri strumenti musicali legitti­mamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possa­no essere facilmente ascoltati da tutti.
  • In Tempo di Avvento l’organo e altri strumenti musi­cali siano usati con quella moderazione che conviene alla natura di questo Tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore.
  • In Tempo di Quaresima è permesso il suono dell’or­gano e di altri strumenti musicali soltanto per soste­nere il canto. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di Quaresima), le solennità e le feste.

Precisazioni

I canti e gli strumenti musicali (cf. OGMR 40-41)

I canti siano scelti secondo il criterio della pertinen­za rituale, siano degni per la sicurezza dottrinale dei testi e per il loro valore musicale, adatti alle capacità dell’assemblea, del coro e degli strumentisti. È fon­damentale che ogni intervento cantato divenga un elemento integrante e autentico dell’azione liturgica in corso.

In particolare, è vivamente raccomandato il canto dei testi dell’Ordinario della Messa e delle acclamazioni.

Per gli altri canti, ci si avvalga anzitutto di quelli che utilizzano i testi delle antifone, eventualmente con qualche opportuno adattamento, e gli altri testi inse­riti nei libri liturgici.

In luogo di essi, si possono usare altri canti adatti all’azione sacra, al momento e al carattere del giorno o del Tempo, purché siano approvati dalla Confe­renza Episcopale nazionale o regionale o dall’Ordi­nario del luogo.

A tal fine, si faccia preferibilmente riferimento al Repertorio Nazionale di canti per la liturgia, che ha ottenuto l’approvazione della Conferenza Epi­scopale Italiana (24 maggio 2007), e la recognitio della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (20 maggio 2008) e che rimane aperto a nuove rielaborazioni.

Per quanto riguarda il sostegno strumentale, si usi preferibilmente l’organo a canne o, con il consenso dell’Ordinario, sentita la Commissione di liturgia e musica, anche altri strumenti che siano adatti all’uso sacro o che vi si possano adattare (cf. SC ı20).

La musica registrata, sia strumentale sia vocale, non può essere usata durante la celebrazione liturgica, ma solo fuori di essa per la preparazione dell’assemblea. Si tenga presente, come norma, che nel canto liturgi­co deve risuonare la viva voce di ciascuna assemblea del popolo di Dio, la quale esprime nella celebrazio­ne la propria fede.

Giovedì santo

Il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote riveste una particolare importanza nelle celebrazioni di questi giorni: i testi, infatti, ricevono maggiore forza quando sono procla­mati con il canto.

I pastori abbiano cura di spiegare ai fedeli nel migliore dei modi il significato e la struttu­ra dei riti che si celebrano e di prepararli a una partecipazione attiva e fruttuosa.

Le melodie offrono la possibilità al sacerdote celebrante e agli altri ministri di cantare alcuni dei testi loro propri, e all’assemblea di rispondere in modo unanime. Si valorizzino, in primo luogo, le acclamazioni, le risposte ai saluti e alle preghiere litaniche, i dialoghi tra i ministri e l’assemblea (cf. Musicam sacram 7, ı6), vere strutture portanti del rito.

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